Vai al contenuto

Ma quante belle prospettive per i nuovi fascisti !

L’Austria è un Paese piccolo e domenica hanno votato meno di 4 milioni di persone, di cui un milione e 300 mila per Norbert Hofer, il candidato nazionalista e identitarista. Poca roba: quindi, in teoria, su di lui potremmo fare spallucce.
Su di lui così come sul fatto che negli Stati Uniti il candidato alla presidenza dei Repubblicani sia Donald Trump. O che in Francia aumentano ogni giorno le probabilità che la Le Pen arrivi almeno al ballottaggio. O (anche) che in Italia la destra ex berlusconiana sia sempre più rappresentata dal duo Salvini-Meloni. Per non dire di tutti gli altri movimenti populisti (In Italia il M5S)  , in crescita in quasi tutta Europa.

Se invece pensiamo che il fenomeno ci riguardi, dopo l’anatema potremmo anche cercare di capire perché tanta gente vota da quelle parti. Magari aiutandoci dando un’occhiata ai grandi cambiamenti tecnologici ed economici contemporanei, quelli che stanno dietro quest’ondata. E con qualche riferimento storico.
Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, ad esempio, scoppiò in Inghilterra quel fenomeno che passa sotto il nome di luddismo, dal mitico Ned Ludd: personaggio forse neppure esistito, ma a cui veniva attribuita la prima distruzione di un telaio meccanico. È possibile che Ludd fosse uno degli artigiani che nel 1770 avevano preso d’assalto la casa e le macchine di James Hargreaves, il tizio che aveva inventato lo “spinning jenny”: quel dispositivo a pedale che consentiva a un singolo operatore di filare otto fili per volta. Il telaio meccanico, appunto.
L’introduzione di strumenti industriali in quel periodo stava trasformando radicalmente e abbastanza in fretta l’organizzazione del lavoro precedente. In particolare i tessitori del Lancashire vedevano crollare i prezzi dei loro prodotti e quindi avevano solo la chance di trasformarsi in operai (a bassissimo reddito e in condizioni di lavoro disumane) mettendosi al servizio proprio dei nuovi telai, cioè gli stessi che ne avevano causato la proletarizzazione. Abbastanza normale che volessero distruggerli a randellate.
Quello che sta succedendo nel mondo all’inizio del XXI è un fenomeno di portata anche maggiore rispetto all’introduzione dei telai meccanici e delle macchine a vapore. E ha ragioni di fondo tecnologiche ed economiche.

Mai come adesso assistiamo a un mutamento rapido delle relazioni di produzione, lavoro rarefatto e parcellizzato, voucher, piattaforme di manodopera liquida, a cottimo o all’ora.
Ma le trasformazioni tecnologiche di oggi sono anche quelle che costringono ogni singolo produttore di qualsiasi cosa, nel pianeta, a concorrere con qualsiasi altro produttore della stessa cosa nel resto del pianeta. E quelle che hanno consentito le esternalizzazioni delle produzioni nei Paesi in cui il lavoro orario costa molto meno.
O semplicemente, pensate ad altri e più banali cambiamenti tecnologici: quelli che, con i satelliti e Internet, hanno portato l’Occidente nelle case di un miliardo di africani, creando quindi il desiderio-bisogno di lasciare il proprio villaggio di fango e capre per venire qui da noi.
E occhio perché ancora più “disruptive” saranno le trasformazioni che ci aspettano: l’intelligenza artificiale è ancora nella sua età infantile, rispetto all’incidenza che porterà nelle relazioni produttive nei prossimi due o tre decenni. La sharing economy anche. E forse nessuno ha davvero idea dell’impatto sulla produzione della stampa in 3D, oggi vista dai più come un’eccentrica curiosità, ma che invece è un altro pezzo della nuova rivoluzione industriale.
Spiegava qualche giorno fa Bernard Guetta (vedi articolo allegato infondo al post), proprio parlando dell’ascesa dei parafascismi in Europa e Usa, che oggi «ai salariati non resta che scegliere tra il persistere di elevati tassi di disoccupazione e l’accettazione di un’ininterrotta erosione dei diritti acquisiti». Sicché «sulle due sponde dell’Atlantico si è venuta a creare un’enorme angoscia sociale, terreno fertile per Trump e le estreme destre europee». E sia Trump sia Marine Le Pen, i vari Grillo e Salvini, sia i loro analoghi «propongono di tornare al protezionismo, vedono nei Paesi emergenti il nemico, sono ostili verso l’immigrazione. Tutti, in sintesi, provano nostalgia per i tempi in cui l’Occidente era formato da Stati forti, che non soffrivano la concorrenza di Paesi dalle tutele sociali inesistenti»
Già. Perché a fronte dei cambiamenti contemporanei e in arrivo, ci si può comportare in due modi.
Il primo è appunto quello che vediamo ogni giorno nei discorsi di Trump o Salvini: metaforicamente, prendere a randellate i telai meccanici. Cioè, oggi, immaginare o creare muri, rinfocolare identità nazionali. Nostalgia, come dice Guetta.
Il secondo è capire invece che i nuovi telai meccanici invece sono qui per restare, ci piaccia o no: e quindi rivolgere ogni sforzo per rovesciare il modo in cui vengono gestiti e usati oggi dai poteri economici e politici. Cioè nell’interesse di pochissimi, per accumulare e accentrare capitale.
Proprio come 200 anni fa, del resto.
A proposito: i luddisti erano probabilmente ingenui, ma non così stupidi da non capire — dopo i primi anni di rabbia accecata — che il problema stava soprattutto nelle condizioni di lavoro e di vita a cui erano costretti dai proprietari dei nuovi telai. «Fate che i superbi cessino di opprimere gli umili e Ludd rinfodererà la spada», diceva una canzone luddista diffusa in Inghilterra al tempo. La loro inutile rivolta sarebbe quindi finita se le cose per loro fossero migliorate: in termini di orari, reddito, oppressione dagli “umili” da parte dei “superbi”.

Il compito che abbiamo oggi, certo, è spiegarlo a chi vota Grillo, Trump, o Salvini, o Le Pen o Norbert Hofer.
Ma soprattutto è spiegarlo ai superbi di oggi, che di tutto questo sono la causa vera.

Il futuro roseo del nuovo fascismo

Non dobbiamo cadere preda della paura sbagliata: di Donald Trump non preoccupa il fatto che possa conquistare l’investitura repubblicana, perché sarebbe molto improbabile per lui riuscire a insediarsi alla Casa Bianca. Negli Stati Uniti gli elettori “indipendenti” – quelli decisivi di centro – non voteranno per lui, perché sono tutto salvo che estremisti.