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Il reddito di cittadinanza…?

Bocciato in Svizzera con una percentuale del 78 per cento. La proposta prevedeva contributi mensile, dalla nascita alla morte, di 2.500 franchi elvetici (circa 2.250 euro) per gli adulti e di 625 franchi (560 euro) per i minorenni.

E se in Svizzera, un’ipotesi del genere è stata bocciata, magari un minimo di analisi sul perché andrebbe fatta.

Tanto per fissare i termini della questione.

L’idea alla base della misura è tutt’altro che nuova. Addirittura nel 1797, Thomas Paine, uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America rifletteva sul fatto che per “comprare” consenso sociale per i diritti della proprietà privata, i governi avrebbero dovuto pagare a tutti i cittadini 15 sterline all’anno.
Il concetto non è né di sinistra né di destra. Si sono mostrati favorevoli al reddito di cittadinanza economisti ed intellettuali dalla più diversa formazione. Dal notissimo Milton Friedman della Scuola (ultraliberista) di Chicago a Charles Murray, libertario dell’American enterprise Institute; a Andy Stern, un noto rappresentante delle Unions americane, fino a Paul Mason visionario autore del recente saggio Postcapitalismo.

Il reddito di cittadinanza è un termine molto generico e ricomprende varie misure.

Sotto la generica definizione di reddito di Cittadinanza ricadono ipotesi molto diverse fra loro.

Il Reddito Minimo Garantito: lo Stato corrisponde ad ogni cittadino (indipendentemente dal fatto che abbia una occupazione o meno) una somma pari alla differenza tra l’importo del reddito minimo garantito stabilito per legge ed il suo reddito, se il suo reddito è inferiore a tale importo.

Il Reddito di Cittadinanza Condizionato secondo il quale, ogni cittadino riceve una somma maggiore o uguale ad un certo importo (che è generalmente individuato come livello di povertà relativa o assoluta). L’importo però tiene conto dei mezzi patrimoniali e reddituali del richiedente.

Il Reddito di Cittadinanza Incondizionato che prevede che ogni individuo riceva una somma indipendentemente dal suo reddito, indipendentemente dalla sua situazione patrimoniale e reddituale. Quest’ultimo esempio ha avuto rarissimi casi di applicazione concreta come in alcuni paesi dell’Alaska ed è stato testato anche in altri stati degli USA, Brasile, in alcuni paesi dell’Africa e in alcuni stati dell’India.

Il concetto di base del dibattito politico è però chiaro. Si tratta di una forma di integrazione del reddito che garantisca a tutti i cittadini un reddito minimo di sopravvivenza. O anche qualcosa di più.

Comunque è implicito che, se tale ipotesi venisse presa in considerazione da qualche governo, in Italia,  un referendum diventerebbe obbligatorio.

La più ampia idea di un reddito di cittadinanza universale incondizionato non ha avuto grande fortuna in nessun sistema politico. E questo perché i vari modelli di welfare oggi esistenti sono fondati su modelli e principi totalmente differenti. Ovvero si tratta sempre di programmi di assicurazione diretti a garantire sostegno a chi si viene a trovava in condizione di difficoltà temporanea tale da impedire la prestazione lavorativa: limiti di età (la “pensione di anzianità o vecchiaia”); malattia o infortunio (da noi garantite da INPS e INAIL) e più di recente, stati di disoccupazione involontaria (trattamento di disoccupazione, oggi NASPI e trattamenti simili).

Inoltre, questo modello, si scontrerebbe con tutti i principi di uguaglianza. Nel momento in cui si dovesse prendere in considerazione la ricchezza effettiva di ogni singolo cittadino, si evidenzierebbero tutte le anomalie del sistema Italia, e senza prima rimuoverle, si creerebbe un caos tale da vanificare qualsiasi intervento.

L’esistenza di quello che di fatto è un reddito di cittadinanza in Europa spiega molte cose che in Italia vengono riproposte in modo del tutto assurdo. Spiega l’assenza di lavoro nero,  l’assenza delle massicce raccomandazioni, spiega anche il fatto che le persone competenti occupino in genere il posto che compete loro (mentre così non è in Italia), le case abusive (chi ne calcola il valore?), l’evasione fiscale ecc.ecc..

e che portare in Italia l’ipotesi di reddito di cittadinanza, senza un serio e pluriennale recupero delle inefficienze del sistema paese, significa cercare una scorciatoia facile facile per raccattare voti, e come è noto le soluzioni facili sui problemi complessi, puzzano sempre di populismo.